Bozza su EBM

La domanda sull’uomo è la chiave della E’ il banco di prova della Medicina che vuole aggiornare il metodo e l’ambito concettuale, passando dalla dottrina della spiegazione a quella della comprensione.La lettura del semeion, il segno, è da sempre il nodo ermeneutico in Medicina: i sintomi (soggettivi) e i segni costituiscono ancora oggi una sindrome? anche se aggiornata concettualmente come nozione statistica basata su una covariazione?Il problema è ontologico: il paziente non è solo un fenomeno biologico; da qui sorgono le 4 questioni principali: cosa intendere per osservazione, significato, verifica,e  spiegazione. La prova dei fatti, ovvero il risultato dell’azione medica non è solo euristica (come nell’epistemologia scientifica).Il dubbio metodico non ha nulla a che vedere col dubbio quotidiano: “La questione se si tratti di un vedere o di un interpretare sorge dal fatto che questo è legato all’esperienza” (Wittgenstein).”Ogni scetticismo è questo: a ogni ragione si oppone una ragione di eguale valore” se questa posizione è fertile di novità, allora la posizione scettica non è radicale (Sesto Empirico).  Storia dell’EBM e sua definizione Ancora molto da fare per capire cosa ebm può offrire e cosa no (1). Dopo la fondazione del gruppo di Epidemiologia Clinica gli stessi promotori nel 1992 propongono la costruzione del sistema ebm, e quindi è evidente l’originaria impostazione epidemiologica nel prosieguo della crescita dell’ebm stessa. Uno dei primi importantissimi risultati fu quello di mostrare come gran parte della documentazione medico scientifica disponibile per la pratica clinica, e i risultati di questa, fossero fragili sul piano del metodo scientifico, inaugurando la proposta di "agire in diagnosi prognosi e  terapia solo sulla base di prove quantitativamente fondate sul piano scientifico nell’ambito della migliore ricerca epidemiologica, stando prudenti a tenere in considerazione esperienze di tipo empirico. Già nel 1830 in Francia Alexandre Louis aveva messo in guardia sui rischi dell’empiria e della speculazione, indirizzando verso la raccolta di dati statisticamente utili a produrre una crescita di conoscenza scientifica per la Medicina. Uno dei motivi di reazione all’ebm è che viene considerata uno spostamento nel paradigma medico, ma ciò porterebbe a dire che solo la medicina moderna è scientifica, mentre la precedente no: casomai possiamo dire che anche prima dell’ebm si poneva forza e fiducia nella prova scientifica, ma senza un contesto organizzato di pensiero, un modello diciamo sistematico. Ci si orienta quindi a portare la discussione su un piano di franco pragmatismo, prendendo al contempo le distanze dal rationale fisiopatologico quanto dalla speranza nelle capacità euristiche dell’intuito. Altro vantaggio sperato con ebm è di ridurre quindi la quota di intervento paternalistico, sul piano etico. esiste comunque uno sbilanciamento dovuto alla legge della natura che fa sì che lo sforzo operativo dell’ebm sia più orientato alla pratica farmacologica che alla prevenzione, e così verso interventi caratterizzati da un o ochi moduli di inervento piuttosto che verso modelli più complessi, anche di tipo sociale.Possiamo dire che pur mancando sul piano epistemologico (e riuscendo su quello euristico) la ebm salva da errori concettuali e di tipo pratico, e ha uno spirito antidogmatico che vede nella costruzione delle linee guida una forza collettiva, una specie di Wikipedia,Rimane però da chiarire la ragione del successo pratico di ebm e delle incertezze residue.Le prove chiedono un contesto randomizzato (pur nella difficoltà di concettualizzare il paziente ideale), un approccio critico (ma con quale criticismo sul piano scientifico?) e soprattutto un onesto e continuo lavoro di metanalisi, vera piramide a strati dove si filtra il filo d’oro della agognata prova documentata scientificamente, infallibilmente.Mentre Ashcroft e Vineis puntano ai fondamenti filosofici (logici, epistemologici se possibile, e ontologico metafisici) Lie punta sul contesto, sulle tecniche di randomizzazione, sull’efficacia del trattamento dei dati (dati e non variabili quindi), Biller Andorno indicano una via sul rapporto nascosto fra metodologia della decisione e trattamento, e su questa linea Rogers indica le conseguenze evidenti nel rapporto fra Medicina e sistema Giudiziario. Da qui muove Berghmans per le implicazioni etiche nei casi in cui l’ebm si trovi in difficoltà, soprattutto quando si esca dall’ottica del trattamento del paziente individualizzato e ci si muova su concetti come quello di popolazione e Medicina sociale (con tutti i limiti della scarsa forza del modello in termini di prevenzione) come indica Slowther. In chirurgia le cose sono un pò più sul meccanisco deterministico, stante anche il peso della tecnologia, con Stirrat; Ernst e Vos si stanno occupando delle medicine non convenzionali: possono essere valutate al di là della visione empirica o individualizzata? I cd orfani della Medicina?In generale si assiste alla crescita di un certo scetticismo, causa la inconsistente, al momento, valutazione delle profondità filosofiche dell’ebm come metodo, e non pare che la filosofia analitica possa dall’interno del sistema risolvere da sola la questione, come vedremo a proposito delle nuove Ontologie. In definitiva, a fronte del successo sul piano pratico, la questione sospesa è se l’ebm possa assurgere a fondazione di una disciplina oppure invece solo di una pratica. Ma la spinta verso l’ebm è data soprattutto dalla gestione complessa: nel 1964 Shimmel riportava che 1/5 dei pazienti ricoverati in un reparto universitario di medicina subivano danni da interventi medici errati; questi nel 20% erano seri o letali per fallimento di una procedura programmata (errore di esecuzione) o all’utilizzo di una procedura errata (errore di programmazione). I pazienti più esposti all’errore medico (ME) sono quelli con comorbilità e politerapia. I ME inoltre, sono dovuti non solo ad errore umano, ma anche al fallimento del sistema operativo: il sistema sanitario, essendo complesso, è causa di errori, la cui numerosità dipende dall’efficienza del sistema stesso. Tali studi individuano i target per studi randomizzati e controllati al fine di provare l’efficacia degli interventi proposti per ridurre l’incidenza dei ME. IL RAGIONAMENTO MEDICOMurri vede già con chiarezza il pericolo della nascente tecnologia applicata alla diagnosi medica e afferma la necessità che  la diagnosi più che essere l’identificazione di una “specie biologica” consista nel riconoscimento dell’insieme delle particolarità che contrassegnano un processo morboso in un determinato soggetto con le caratteristiche che gli sono proprie.All’applicazione  dello schema di Popper-Hempel-Oppenheim circa la spiegazione/diagnosi fisiopatologica, e del teorema di Bayes  per un migliore valutazione probabilistica di sintomi e segni, l’analisi dell’argomentazione diagnostica, un lavoro approfondito sulla struttura induttiva e/o ipotetico deduttiva della diagnosi, è condotta in questi ultimi anni da medici come Giovanni Federspil e Cesare Scandellari o da filosofi particolarmente attenti agli aspetti metodologici della medicina come Dario Antiseri e Massimo Baldini, che vedono nella discussione sull’ebm non tanto la chiarificazione di cosa siano gli “strumenti per fare”, quanto come questi si pongano come “strumenti critici”, utili, cioè, ad esercitare una puntuale analisi del nostro modo di operare.  È un esercizio intellettuale che dovrebbe migliorare la nostra capacità di pensare correttamente, di formulare ipotesi più attendibili, di acquisire certezze più fondate e al tempo stesso meno impermeabili alla falsificazione. Ma questa tendenza a ricorrere a categorie logico-statistiche è al tempo stesso un segno del malessere della medicina di fronte alla complessità dei problemi diagnostici. Non bisogna però dimenticare i limiti di una tale impostazione, sia perché non sempre disponiamo di sicure “evidenze” ovvero prove. Anche il ricorso a sistemi esperti pone più problemi, sul piano ontologico, di quelli che si pensa di risolvere per questa via: non esiste infatti una induzione “vera”.L’oggettività non possiede una sua presa ontologica come verità ma nasce dalla critica e dalla liberale diffusione delle idee in una comunità (scientifica). Medawar: “il laboratorio inoltre non può sostituire la corsia”. IL RAGIONAMENTO LOGICO Un ragionamento logico è definito tale quando si componga di tre elementi essenziali, che sono: premessa, inferenza, e conclusione. Possiamo descrivere la premessa come una specie di "affermazione" generica, nota a tutti e fuori discussione, l’inferenza come un’affermazione particolare, che si applica solo nel caso specifico, e la conclusione come una nuova affermazione, che nasca dal rapporto loogico fra le prime due. Ogni ragionamento è inferenziale, si basa cioè sulle regole del linguaggio e della logica. L’inferenza base è il sillogismo,la cui struttura è composta da caso, regola, risultato, ognuno anche in numero maggiore di uno. A seconda del ruolo, premessa o conclusione, e dell’ordine di ognuno di questi elementi  nell’inferenza, si ottengono i tre tipi di ragionamento: deduttivo, induttivo, abduttivo. Le possibili combinazioni sono in realtà sei ma ciò che distingue le inferenze è l’elemento che costituisce il risultato, non tanto l’ordine degli elementi che formano le premesse, e ciò riduce le combinazioni rilevanti  a tre. Ogni tipo di ragionamento va reso facilmente riconoscibile poiché implica diversi potenziali conoscitivi e diversi gradi di affidabilità.  METODO DEDUTTIVO E METODO INDUTTIVO  Vi sono due tipi di ragionamento, quello deduttivo e quello induttivo, che sono anche detti "aristotelico" e "platonico". Ambedue seguono lo schema premessa-inferenza-conclusione, ma si distinguono sia per il tipo di premessa che per la garanzia che danno sulla conclusione ottenuta. Nel ragionamento deduttivo la premessa è sempre qualcosa di categorico, il concetto, da cui si parte. In quello induttivo invece la premessa è data dall’osservazione di dati singoli  e che sono quindi in grado di portare ad un concetto di tipo generale (inferenza) con relativo relato (conclusione). L’esempio più classico è quello del procedimento scientifico, dove un esperimento ripetuto a sufficienza permette di stabilire una nuova legge della Natura. Il ragionamento deduttivo parte dal  generale, e giunge al particolare, o ad un altro generale. L’induttivo invece parte da un’affermazione empirica e giunge ad una conclusione generale, di tipo teorico  Dall’astratto al concreto, dal concreto all’astratto.Il metodo deduttivo offre il vantaggio di garantire la validità della conclusione, purchè la premessa sia valida: Ha però lo svantaggio di produrre una conclusione "più piccola" della premessa stessa: (In altre parole, la conclusione è garantita perchè è già contenuta dalla premessa).Il ragionamento induttivo invece non può garantire la validità della conclusione ma mi permette di arrivare a conclusioni "più ampie" della premessa iniziale  Anamnesi: Pontoni ne dà due definizioni esaustive: “auto-relazione del paziente sul proprio divenire fisiopatologico”, ma anche, e non a caso, “semeiotica storica dell’individuo”. In parole povere, un’esposizione narrativa e un esame, prima raccolta di dati e primo quadro della situazione.Diagnosi : di natura duplice, comprende una definizione del problema e l’investigazione che la precede. Potremmo definire l’investigazione la parte quantitativamente più ingombrante e la definizione quella qualitativamente più importante. L’investigazione, cosiddetto “esame obiettivo”, è a sua volta composta da  semeiotica clinica – esame che il medico svolge con l’ausilio dei suoi sensi o di semplici mezzi direttamente sul paziente – e semeiotica strumentale – serie di esami che questi affida a laboratori o a sofisticati strumenti anche su minime parti prelevate dal paziente.La risoluzione è di particolare interesse per studi di tipo cognitivo ma il procedimento comunemente indicato si riferisce alla formazione ed al confronto di modelli patologici.Prognosi : è la previsione del decorso del problema del paziente, in relazione all’esattezza della diagnosi e all’efficacia della terapia. Le peculiarità in questo caso sono: il carattere probabilistico dei suoi asserti; il ruolo svolto all’interno del progresso delle condizioni del paziente e della medicina stessa.Prima incongruenza: L’anamnesi è già parte dell’indagine diagnostica.Seconda incongruenza:  Parlare di formazione di modelli e confronto di modelli alla luce dell’odierna epistemologia è improprio e riduttivo.Terza incongruenza: La diagnosi comprende due fasi del tutto eterogenee, una investigativa ed una risolutivaSiamo qui di fronte ad un movimento pericoloso. Si ovvia all’insufficienza esplicativa  di uno schema riducendone le articolazioni. La scienza è sempre più precisa, complessa ed articolata mentre le linee guida per la sua applicazione nella pratica medica, paradossalmente, appaiono marginalizzate ed inverosimilmente generalizzate. Lo schema d’arrivo sopra riportato non è altrettanto efficace nel mettere in luce alcuni deficit concettuali legati a fasi che non sono localizzabili puntualmente all’interno del procedimento o legati a semplici deficit terminologici.Primo deficit: Le fasi anamnestiche  perdono nella terminologia corrente  le caratteristiche  che sottolineerebbe una definizione più aggiornata come “semeiotica verbale”.Secondo deficit: L’emergere di un’ipotesi e l’influenza che ha nell’orientare l’indagine non sono neanche accennatiTerzo deficit: L’importanza della prognosi e la sua duplice natura sono ignorate.  Secondo l’ossevativismo, alla base del metodo scientifico sta la capacità dell’uomo di osservare i fenomeni e ricavarne  metodicamente i dati senza influenze culturali, istintuali o personali che siano. Secondo l’induttivismo la formulazione di teorie e la spiegazione di fenomeni segue l’osservazione dei dati di fatto. Osservativismo ed induttivismo sono un’eredità baconiana, largamente superata dall’epistemologia odierna ma persistente nel senso comune, anche fra i medici. Oggi, chi si sia occupato anche solo superficialmente o marginalmente  di epistemologia sa che le osservazioni sono sempre guidate da ipotesi o congetture. Non esiste osservazione oggettiva, tantomeno se effettuata da strumenti costruiti dell’uomo. Prima puntualizzazione: Il termine con cui viene comunemente indicata la visita diretta del medico sul paziente, detta anche semeiotica ispettiva, è improprio e fuorviante. Un termine come “esame obiettivo” non contribuisce certo all’eliminazione di retaggi nocivi derivanti da induttivismo e osservativismo. Doppiamente improprio: e perché nessun esame è condotto senza pregiudizi, e perché questo nello specifico è sottoposto a tutta la soggettività del medico e dei suoi sensi. Non è qui affermato che durante l’esame ispettivo un’ipotesi diagnostica è sempre già stata formulata chiaramente, ma che il dato non è puro.Seconda puntualizzazione: L’unico dato che il medico può pensare d’aver ricevuto senza pregiudizi è il primo: il lamento del paziente. Va detto e tenuto ben chiaro che questo primo dato fondamentale è gia stato più volte manipolato quando viene registrato dal medico. Il dato è stato: – selezionato dal paziente, il quale, in possesso di una cultura medica ormai generalizzata, sa di parlare ad un medico e gli sta parlando per farsi curare, nella maggior parte dei casi, dalla medicina convenzionale; – filtrato dal medico, il quale, sapendo che il paziente non è a sua volta medico, tenta di far rientrare quanto riportato in categorie scientifiche.L’osservazione è sempre selettiva. L’indagine clinica è sempre guidata da un’ipotesi diagnostica. E’ dopo l’ipotesi diagnostica che la medicina si deve riavvicinare alla scienza popperiana. Gli esami che il medico prescrive o effettua sono verifiche ma anche e soprattutto devono essere tentativi di falsificazione. Effettivamente tempi e modi della nascita dell’ipotesi diagnostica sono ancora avvolti in un discreto mistero, il cui eventuale svelamento è affidato alle scienze cognitive. D’interesse è qui la l’influenza dell’emergere delle ipotesi durante la pratica diagnostica e l’importanza della sua consapevolezza. Anche se la complessità della faccenda non permette schematizzazioni, possiamo dedicarle una riflessione discorsiva.Il clinico, soprattutto di fronte ad un organismo malato, deve sapersi fermare al momento giusto e cominciare una terapia. Al tempo stesso deve ricordare che l’essersi fermato non coincide con l’aver concluso l’attività ermeneutica. La prognosi svolge un’importantissima funzione retroattiva sulla diagnosi. Il decorso della malattia e l’efficacia della terapia retroagiscono infatti sia sulla correttezza della diagnosi che sulla scienza medica stessa, che ha classificato la patologia ed elaborato la terapia (presupponendo una perfetta messa in atto della stessa in un contesto adatto). Il medico deve essere  pronto a riconoscere retroazioni significative e nel caso a riavviare il circolo ermeneutico. “In ogni comprensione è sempre presente, lo si sappia o meno, la storia degli effetti.   Il potenziale conoscitivo dell’abduzione è addirittura maggiore, non è legato ad un numero chimericamente sufficiente di osservazioni, ma proprio per questo il livello di affidabilità può arrivare ad essere minimo, come nel caso dell’abduzione creativa. Questa specificazione introduce l’importante distinzione delle inferenze abduttive in tre classi:Abduzioni ipercodificate: molto vicine alle deduzioni, la correlazione tra caso e regola giace nella “conoscenza corrente del mondo” e ciò rende la conclusione riguardo al caso praticamente implicita nelle premesse. L’affidabilità è notevole ma il potenziale conoscitivo molto contenuto, proprio come nel caso del ragionamento deduttivo. Abduzioni ipocodificate: sono quelle inferenze in cui “la regola viene selezionata a partire da una serie di leggi equiprobabili messe a disposizione dall’enciclopedia”. Abduzioni creative: sono le inferenze più complesse, dalla potenziale conoscitivo praticamente illimitato ma dall’affidabilità inconsistente se non verificata da ricerche e processi anche molto complessi. Basti pensare che  l’ipotesi eliocentrica di Galileo è il frutto di un ragionamento analogo. L’inferenza nasce postulando che il fatto da spiegare (risultato) sia riconducibile ad una regola fino a quel punto inespressa. E’ necessaria l’ideazione della regola. Sarà poi necessaria la verificazione della regola stessa così come la verificazione della correttezza del rapporto causale tra regola e caso. Se le verificazioni vengono condotte con successo si può arrivare ad assistere ad un vero e proprio assestamento del sistema di conoscenze di riferimento.L’abduzione si rivela, alla fine di questa esposizione, oltre che un’ipotesi, come una “scommessa”. Il nodo problematico di questo tipo di inferenze è il rapporto di causalità tra risultato e regola che viene attribuito dall’interprete in modo possibilista. Il fatto che qualcosa possa essere ritenuta causa di qualcos’altro non ne è garanzia. Il rapporto causale non è necessario, al massimo probabile ma il calcolo delle probabilità, ad esempio in caso di diagnosi clinica, non è di nessun aiuto. La conclusione tratta può essere o non essere corretta, per questo si parla di “scommessa”.  Ovvero considerazioni sulla semeiotica L’indagine diagnostica si svolge interamente all’interno del campo della semeiotica medica, come ogni indagine basa sul raccoglimento e l’interpretazione di segni ed è sicuramente una  delle discipline che più possono trarre vantaggio dai recenti sviluppi della sua matriarca “meno scientifica”, la semiotica. La semeiotica, o tecnica del segno, dovrebbe rendere il medico abile nello sfruttamento e nel controllo dei segni durante l’attività  diagnostica. Primo rilevamento dopo una scorsa sulla situazione attuale è la confusione terminologica sui significati di segno e sintomo. Tale caos proviene essenzialmente da una sfortunata promiscuità dei significati. Facciamo qui uso del lavoro di Cesare Scandellari. Sintomi: “manifestazioni spontanee riferite dal paziente”; Segni: “rilievi che il medico effettua direttamente o indirettamente”. In questo senso, i primi sono ritenuti “più soggettivi”, nelle mani del paziente, mentre i secondi “oggettivi”, nelle mani del medico e della scienza. Scandellari giustamente fa riferimento però ad altri due significati, attribuiti ai due termini da F.J. Double. Sintomi: “qualsiasi variazione evidenziabile nell’organismo ammalato, sia lamentato dal paziente che riscontrato dal medico”; Segni: “elaborazione concettuale del rilievo obiettivo del clinico”. Questa seconda distinzione pare riferirsi a diversi livelli interpretativi. I primi sarebbero semplicemente raccolti, mentre i secondi interpretati. Evidentemente ossevativismo ed induttivismo continuano ad insinuarsi nel quadro concettuale della medicina. Possiamo tener buona l’idea di un diverso livello di interpretazione ma non certo quella che queste “variazioni evidenziali” siano “dati”, ovvero “date” indipendentemente da qualsiasi elaborazione concettuale. (Un apparentemente stupido gioco di parole suggerirebbe di chiamarli “presi”.)Visto che una ricerca diretta sui termini indagati non porta a risultati definitivi darò uno sguardo a terminologie relative in uso. In altre parole proverò la via dell’analisi lessicografica.Si parla  di quadro sintomatico, sintomo patognomico e specificità sintomatica. Sembra che l’uso di “sintomo” sia in questo caso più omogeneo, riferito fondamentalmente a un qualcosa che è stato già interpretato. Quadro sintomatico presuppone un’organizzazione ordinata in un “quadro”, appunto. In sintomo patognomico la malattia è già stata definitivamente riconosciuta, il “sintomo” pure. In specificità sintomatica si parla di “specificità” e dunque c’è gia stata una valutazione. Questa seppur sommaria analisi ci porta lontano da quanto detto da Double. Sembra proprio che sintomo sia ritenuto più elaborato concettualmente di segno dal linguaggio in uso nella medicina corrente e ciò oltre che non ignorabile è probante della scorrettezza della definizione di Double.Le proposte di Scandellari e Double, che rappresentano bene le risposte più frequenti dei medici stessi se interrogati sull’argomento, si sono rivelate sconvenienti, se non erronee, vediamo perché. Segno: Questo termine è la principale fonte delle difficoltà riscontrate. Segno, anche linguaggio comune, è tutto ciò che permette d’inferire qualcosa o che influenza un processo inferenziale. In parole mediche, se da un mal di testa continuo, localizzato e acuto lamentato dal paziente, il medico ipotizza un’emicrania, le  “manifestazioni spontanee riferite dal paziente”  non possono non essere ritenute “segni”. Tutto ciò semplicemente perché segno è iperonimo di sintomo. Segni sono tutte le “variazioni evidenziali”, quelle lamentate dal paziente come quelle riscontrate del medico (sia direttamente che indirettamente che attraverso esami di laboratorio), “evidenziali” perché portate all’evidenza da uno sguardo guidato da presupposizioni, siano esse il sapere medico, un’ipotesi diagnostica, un programma informatico o l’umore del medico, non certo perché portate all’evidenza dalla loro stessa evidenza. Segno è di uso troppo corrente al di fuori della pratica medica per non creare confusioni, quel che emerge a confondere le acque non è altro che il suo significato comune. L’impiego in senso specifico in espressioni come “segno di Massucco” o “segno di Toygar” può essere mantenuto solo in quanto qui il vocabolo incriminato si presenta costantemente accompagnato da una specificazione che rende il suo significato univoco. Ritengo che altrimenti segno sia inutilizzabile in medicina, se non riferendosi al suo significato più generico, in discorsi altrettanto generici.  Servono dei nuovi termini. La mia proposta si basa sull’uso corrente e sull’ergonomicità cognitiva delle parole e dei relativi significati. Rilievi clinici(12): rilievi che il medico effettua direttamente o indirettamente ovvero i risultati dei singoli esami. Non ancora organizzati in un quadro sintomatologico. Si distinguano, per diversa natura, in: rilievi anamnestici – risultanti dall’investigazione anamnestica; rilievi ispettivi – risultanti dalla visita diretta del medico sul paziente;  rilievi strumentali risultanti da esami strumentali:  rilievi di laboratorio – risultanti da esami di laboratorio.Una volta ridefiniti questi vecchi termini e ribattezzati questi vecchi significati possiamo vedere che ne  è di alcuni vocaboli relativi.Complessi sindromici: o quadri sintomatologici. Quadri diagnostici in cui più sintomi vengono collegati e ricondotti ad un’eziologia unificante.  CRISI DEL METODO CLINICO  in dialogo con l’EBM E’ intuitivo quanto nel caso dei rilievi clinici la controllabilità intersoggettiva possa essere problematica. Le sole varianti linguistiche, psicologiche e procedurali sono irriducibili, senza considerare il continuo evolversi delle caratteristiche fisiche di un qualsiasi organismo, malato o meno. Fa parte di una eredità positivistica tutt’altro che decadente l’idea diffusa secondo cui la scienza sarebbe un’infallibile portatrice di verità inconfutabili, ma la scienza stessa sa bene quanto questa eredità del passato non possa più appartenere al nostro tempo; la fallibilità è oggi accolta come occasione di miglioramento e la confutabilità è l’unica arma contro il dogmatismo. La clinica, vista la sua distanza dai vantaggi metodologici della scienza medica e le conoscenze in continua evoluzione cui si affida, è in continua lotta con la fallibilità. E’ giusto che l’uomo ritenga la scienza uno dei prodotto migliori del suo intelletto ed è giusto che il paziente ritenga la medicina uno dei prodotti migliori per la salute del suo organismo, ma l’idea di una super medicina non può che portare alla crisi in atto.Come giustamente Cavicchi sottolinea la questione è principalmente  retorica. Egli identifica la relazione come entità terza e non riducibile rispetto a medico e paziente. Non è pertinente parlare di medicina doctor centred o patient centred. La relazione è, infatti, “eccentrica”, ovvero senza un centro. Se anche l’identificazione di questo punto di equilibrio o squilibrio, in un dato momento, fosse possibile, porterebbe ad un risultato tanto effimero da non giustificare il lavoro necessario. Se il momento anamnestico è quello che meglio si presta a tali discussioni consideriamo che sempre Cavicchi chiama domande del medico, e risposte del paziente, “dominanti”, e “dominanti inversi”. Una tale denominazione non sembra del tutto incomprensibile vista l’importanza delle domande ma soprattutto quella delle risposte nel veicolare il proseguimento dell’indagine. Ciò di cui si può parlare è invece la qualità della relazione, il grado di  partecipazione.Il problema della relazione non è un problema ben centrato. Anche in questo caso si può parlare di sintomaticità. Non è intenzione qui risalire ostinatamente la scala delle cause, si risalirà di un solo fondamentale gradino. bis) La Medicina Narrativa: asimmetria curante/paziente accentuata dal progresso tecnologico (riflessi eticie  giuridici sul consenso informato), il problema quindi del paternalismo nella scelta diagnostica e terapeutica, negoziazione formale. 

  1. La direzione presa da questo discorso punta dritto verso l’Evidence Based Medicine.

  L’EBM si presenta nelle vesti di una modesta seppur utilissima pratica integrativa e ottimizzatrice, con grandi potenzialità per la pratica diagnostica, nello specifico, facendo leva su limiti della medicina tradizionale. Giovanni Pomponio scrive che l’EBM “tiene conto di come il ragionamento fisiopatologico e l’esperienza personale siano necessari ma non sufficienti per decidere” e che quindi si occupa di “integrare la competenza clinica individuale con le migliori evidenza cliniche”. La necessità di tale integrazione deriverebbe quindi, in gran parte, dalla necessità e difficoltà, per il clinico, di continui aggiornamenti. L’EBM offre la possibilità di poter fare affidamento su fonti di pronto uso quali siti internet specializzati che permetto l’istantaneo reperimento degli ultimi e più precisi risultati derivanti dalla ricerca clinica contemporanea. I testi di EBM sono tra i pochi a trattare di petto il metodo clinico, senza passare direttamente a schemi procedurali predefiniti sulla base di conoscenze scientifiche, risultanti per lo più da ricerche biologico riduzionistiche. Il fatto che l’insegnamento sia uno dei punti forti dell’EBM, forse uno dei principali motivi del suo successo, è un altro fenomeno che suggerisce lo svolgersi di una qualche crisi di metodo in clinica e la possibilità che questa nuova scuola sia l’unica a rispondere. Nell’apprendere sistematicamente  come applicarla, i giovani medici apprendono una metodologia approvata dalla comunità scientifica cui affidarsi nella professione, ma la mancanza di studi plurali ed in dialogo sul tema unita alla base “scientifica” di questa rischia di condurre ad una ceca omologazione.Forse la filosofia, più pratica in certe questioni, può tentare a sua volta di rispondere all’appello. Suggerisce Scandellari che l’ebm  non deve diventare una sorta di “feticcio”, poichè “anche la migliore evidenza può non fare testo”.L’implementazione, ovvero “l’applicazione di strategie che possano migliorare il trasferimento dei risultati della ricerca nella pratica” comprende tre ampi campi di ricerca e di pratica: clinica, assistenziale e governativa. Qui si focalizzerà ovviamente sulla clinica. Se per Paolo Vineis l’Evidence Based Medicine è un ottimo strumento per una sistematizzazione dei dati clinici, essa rappresenta comunque “una condizione necessaria ma non sufficiente” nell’esercizio della pratica clinica. La Evidence Based Medicine mostra i suoi limiti più netti rispetto allapossibilità di costruire uno standard terapeutico per le cure palliative, quelle che non mirano più alla guarigione, ma ad una terapia capacedi alleviare la sofferenza. E’ difficile, infatti, tradurre in termini quantitativi, in grado di definire uno schema terapeutico valido per tutti i pazienti, una cura che altro non può essere che  scrive Corbellini- .La nuova medicina genetica considera la malattia come l’espressione di una limitazione individuale delle capacità adattative all’ambiente, dovuta a qualche variazione a livello dei geni che controllano singoli passaggi di una varietà di dispositivi omeostatici”. In quest’ottica la complessità dell’origine di una patologia non può che ricondursi alla specificità individuale che richiede quindi un intervento singolare e personalizzato nel quale ogni medico non può che riferirsi a ogni singolo paziente. “Adottando questa “logica della malattia”, che è al contempo storico-evolutiva, il medico sarebbe portato non tanto a chiedersi da quale malattia una persona è colpita, ma perché si ammala –      1.1 Il paziente standard e la statistica (analisi,metanalisi,il livello “esperto”)    1.2 ancora sul “paziente”: standard?                                              le variabili                                              perché l’ EBM funziona? -> SISTEMI COMPLESSI    1.3 l’ EBM è un modello euristico in base a quanto detto ma ha anche valore epistemologico?      -come impariamo la medicina? La veccha clinica epistemio-euristica (il teorema di Bayes)                                                        L’EBM (dialogo filosofico tra medici,filosofi, fisici, antropologi)    1.4 è applicabile a tutta la medicina? Il “problema” della psichiatria.  2) critica filosofica all’ EBM In merito agli alberi decisionali, c’è da dire che l’informatica porta avanti e spinge l’idea di una "verità" nascosta fra le pieghe delle variabili: il che riapre secondo me il tema dell’ontologia. Ontologia informatica, e qualcuno la chiama così: vero è che i sistemi complessi sono meglio descritti da questi sistemi che non da quelli semplicemente deterministici in senso lineare, ma dobbiamo ricordare tre lezioni: la prima di Turing sul fatto che un pc non può, sul piano della dimostrazione, essere messo in parallelo al pensiero umano, la seconda di Wittgenstein che riflettendo e criticando sè stesso nella "Filosofia della Psicologia" ammetteva che il giusto e lo sbagliato hanno a che fare più con il tipo di algoritmo scelto che con la "realtà" delle cose. La terza di Murri, quando insiste sul saper ragionare: non si tratta secondo me di un indizio a ragionare in modo solo razionalista, e nemmeno con tendenze "intuitive" in senso lato: lui non propone questo aut aut ma qualcosa che chiamerei "integrato". Saper ragionare è disporre attivamente e consapevolmente TUTTE le funzioni a noi proprie, assieme. In un certo senso non sarebbe stato scontento dell’EBM, a patto però di non lasciare a tale sistema il primato ontologico, che per lui è nell’Uomo.Quando ad es. si mette in campo una decisione medica, il paziente si sta ancora "muovendo" dentro la sua storia personale, e la diagnosi è un istante emergente: non del tutto a torto si parla infatti di momento decisionale, perchè penso che lo sia proprio un momento, e non una Entità 3) esiste un problema ontologico in medicina? -> la fenomenologia Several philosophers – from Aristoteles (4th Century BC) to Leibniz (1646-1716), and more recently the 19th Century major ontologists like Bolzano, Brentano, Husserl and Frege – have provided criteria for distinguishing between different kind of objects (a.g. concrete vs. abstract) and the relations between them.In the late 20th Century, Artificial Intelligence (AI) adopted the term and began using it in the sense of a "specification of a conceptualization" in the context of knowledge and data sharing (Gruber).Guarino provides the following definition for an ontology: "A set of logical axioms designed to account for the intended meaning of a vocabulary", whereas Sowa proposes the following: "The subject of ontology is the study of the categories of things that exist or may exist in some domain. The product of such a study, called an ontology, is a catalog of the types of things that are assumed to exist in a domain of interest D from the perspective of a person who uses a language L for the purpose of talking about D."From an AI perspective therefore, ontology is not only a discipline, but also the outcome of the activity of ontological analysis and modeling. In this sense we can speak of "an ontology of cardiac valves" or "an ontology of inflammation". Such ontologies are examples of the so-called "domain ontologies", whereas "foundational ontologies" represent domain-independent concepts like objects, events, processes. 4) ”la differenza tra il carcere e casa tua” (aspetti medico-legali che condizionano l’approccio medico e potenziano l’ uso dei modelli statistici) 5) EBM e didattica: può insegnare “direttamente” o vale solo come metodo euristico, che va comunque sottomesso al problema del ragionamento medico in tutta la sua complessità (e personalità)?Una ultima osservazione a proposito della didattica: si può dire tutto quello che si vuole sulla retorica del rapporto maestro allievo, e dopo ilo 68 è un argomento da non toccare neppure perchè evoca tenebrosi rapporti di sudditanza, ma secondo me non dobbiamo lasciarci fuorviare dalle cattive letture della storia e dagli errori umani. In poche parole, mi son sempre chiesto le ragioni del successo della scuola di Murri, come delle botteghe fiorentine del rinascimento. Stare insieme serve anche se non sappiamo bene perchè, per il fatto che la comunicazione non passa solo per la parola, e se è vero che le parole non trasmettono l’esperienza, lavorare assieme aggiunge qualcosa di inaspettato. Forse è per questo che accusarono Murri di "filosofie avventurose" ma si sa , si era all’epoca in pieno idealismo. Anceschi ricorda al proposito una frase del suo amato Montaigne:"gli uccelli nati in gabbia cantano, ma non da virtuosi, forse perchè non sono stati con gli altri"  LE MEDICINE COMPLEMENTARIPerchè alternative? e sono poi Medicine? Questo il dilemma, anzi, trilemma: dall’altra parte c’è la nostra Medicina. Una nuova acquisizione dovrebbe essere integrata e non alternativa: sappiamo quanto c’è di valido nella Medicina occidentale e quanto anche in Medicine diverse dalla nostra, non si tratta quindi di porre la questione come aut-aut. Piuttosto, come integrare le Medicine del mondo in modo da arrivare ad un corpus più efficace? Il problema sta in questa parola, corpus, che al di là del latino indica un tutto armonico, con le varie parti in equilibrio. Cosa che non sarebbe possibile in un sistema di scienza medica, perchè molte Medicine sono non scientifiche, e si rivolgono direttamente a una concezione metafisica. Il risultato è che il corpus sarebbe a questo punto un ibrido, dove parti diverse rimandano a concezioni di principio diverse. Come organizzare allora l’esperimento di arrivare a un’armonia? Piuttosto che partire dai principi e dai metodi pratici (clinica), il che porterebbe a incagliarci subito con problemi di differenti modalità di spiegazione, si potrebbe partire dall’essere umano, il paziente. Che paziente lo è davvero. Una medicina "a misura d’uomo" a cui molti medici stanno cercando di dare una corretta risposta.  "Naturale" non tanto per i prodotti e i metodi tratti dalla natura, ma perché considerano l’individuo prima di tutto  un "essere naturale" provvisto di una globalità corpo – spirito e corpo – mente, da privilegiare sempre sia nello studio delle cause di malattia sia nella loro cura. Due sono i principi presenti pressoché in tutte le medicine alternative: il diritto di chi è malato e sofferente ad essere curato come una "persona" e non come un "caso clinico", e l’assenza di effetti collaterali. Ma quando ci si interroga su cosa fare, si sente la mancanza di un pensiero capace di dare una risposta. Il pensiero da solo non fa cultura, si diceva nel ‘900, e dài allora a dedurre concetti dai soli fatti sperimentali. procedimento per cui fra l’altro la Filosofia della Medicina, azzerata, è stata reintrodotta come Bioetica, ovvero una zona dove reperire risposte ai problemi etici. Ma si è impantanata, come si è visto di recente, ha il fiato corto.  Il Diritto è stato più aperto e possibilista, qualora però la cura alternativa non vada a spiazzarne una più efficace tradizionale. Come dire, non si possono affrontare problemi di terapia al di fuori di una visione equilibrata di costi e benefici: se un paziente può essere curato senza pericolo con un procedimento omeopatico, allora l’esclusione di quello allopatico è permessa. Lo scontro di questo ipotetico incontro è comunque sul piano dell’impianto teorico: si parla di medicine alternative nella terapia, ma che dire del momento diagnostico? noi senza una filosofia della Medicina da circa un secolo disponiamo di un argomentare prevalentemente empirico, le altre medicine al contrario hanno solide basi per noi però inaccettabili perchè centrate sulla metafisica. Anche se un pochino stiamo accettando l’idea che mente e corpo siano due modi necessari per parlare, e che in realtà sotto sotto siamo un qualcosa di unico. Che strano, così riapriamo alla metafisica. D’altronde, pensiamo a un concetto che per noi è solo un corollario psicologico: la necessità della volontà di guarigione. Dato empirico non ulteriormente classificabile per i Clinici illustri del nostro passato, impossibile però da sistemare in un ambito dottrinale. Cosa che nelle altre Medicine è alla base del processo di guarigione, col termine di "autoguarigione". La diversità delle Filosofie rende difficilissimo un percorso secondo i canoni di ciò che per noi è Scienza. Metafisica? E sarebbe ora! metafisica è ciò che è celato allo sguardo quantitativo, quello della scienza delle misure, che pure ha suoi campi di indubbia efficacia. Ma gli aspetti qualitativi, che esistono, eccome, non muovono il piatto di una bilancia analitica, nè stanno sotto un metro, per cui una visione del tutto e radicalmente empirica li nega, toglie loro l’esistenza. Che invece riemerge al contatto col paziente, all’osservazione degli scarti fra fenomeni attesi e fatti che si sono verificati, fra previsioni cliniche e andamenti di vita effettivi dei pazienti. Molti fenomeni hanno andamenti non lineari, da un punto di vista matematico, i c.d. "fenomeni caotici": sono indispensabili alla vita (permettono la rapidità degli adattamenti) anche se poco comprensibili razionalmente (e non si sa ancora come applicarli nell’ambito empirico). Il rischio della medicina basata sulle evidenze è che metta in luce che in effetti alcuni metodi delle altre Medicine funzionano, il che metterebbe in crisi sulla validità della "nostra": "o noi o loro" è nelle menti di tutti, perchè consapevoli che una risposta scientifica non ha carattere duplice, due risposte contrarie entrambe valide. Ma qui possiamo rispolverare una faticosa acquisizione del liceo. Contrarie son due cose che appartengono allo stesso genere, quindi sul piano filosofico c’è modo e speranza di fare un ottimo lavoro. Guai sarebbero e grossi se fossero contraddittorie, ovvero che la presenza di una escluda l’altra. Situazione che si potrebbe generare per scarsa consapevolezza dell’intera questione.    Bibliografia Liberati, Vineis, J Med Ethics 2004;30:120–121Evidence Based Medicine Working Group.Evidence based medicine: a new approach tothe teaching of medicine. JAMA1992;268:2420–5.Anon. Evidence based medicine: in its place!Lancet 1995;346:1171–2.R Ashcroft, R Ter Meulen,J Med Ethics 2004;30:119)Sackett DL. Clinical epidemiology. Am J Epidemiol1969;89:125–8.Cochrane AL. Effectiveness and efficiency:random reflections on health services. London:Nuffield Provincial Hospitals Trust, 1972.Maynard A, Chalmers I, eds. Non-randomreflections on health services research. London:BMJ Books, 1997.Ter Meulen R, Dickenson D, eds. Into the hiddenworld of evidence based medicine. 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